Perché Kvara e Neres non possono coesistere?
Lo scarso minutaggio dell’esterno brasiliano si spiega soltanto alla luce della pragmaticità di Conte, ma lo spettacolo ne risente – e il georgiano pure.
Che Antonio Conte fosse integralista si sapeva. L’allenatore leccese ha sempre dato priorità a un sistema di gioco pratico, finalizzato al raggiungimento di determinati obiettivi nel minor tempo possibile. Nel caso del Napoli: lo scudetto. O, se vogliamo far finta di niente, un posto nelle zone alte. E i risultati, considerando la stagione passata, si vedono. Almeno un compromesso c’è stato: l’abbandono della difesa a 3.
Il fine è pur sempre pratico e volto a disporre le risorse della rosa in modo simmetricamente equilibrato. Se Kvara viene esonerato (com’è giusto) dai compiti difensivi, altrettanto non può essere concesso all’esterno alto opposto. Il paradosso: David Neres, che in Serie A salta l’uomo più di tutti (4.03 volte ogni 90’), fatica a guadagnare minutaggio proprio in virtù delle sue qualità tecniche – impossibili da sacrificare sull’altare dell’attenzione tattica.
Per questo Conte vede il brasiliano come un’alternativa a Kvara o, ancora meglio, un’arma da sfoderare a gara in corso, quando gli avversari sono stanchi, capace di creare occasioni in totale autonomia come l’autogol di Giannetti. Ed ecco perché il mister oggi non può fare a meno del contributo difensivo di Matteo Politano, jolly nei raddoppi di marcatura ed esca per le incursioni di Anguissa e Di Lorenzo, piuttosto che effettivo incursore.
Ne deriva un sistema pragmatico che sta dando frutti concreti ma poco piacevoli e che finisce proprio per penalizzare il giocatore di maggior qualità, Kvara, bloccato sulla catena di sinistra e incapace di trovare dialogo a distanza. Neres a destra aprirebbe un orizzonte di possibilità – un 4-3-3 iperoffensivo sorretto da un centrocampo più fisico, l’interscambio tra esterni alti, l’accentramento degli stessi – che, forse, Conte non ha intenzione di esplorare.