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Cosa può fare la Juve per essere più produttiva?

I bianconeri, partiti fortissimo, si sono arenati su un’evidente sterilità offensiva, controbilanciata dalla solidità difensiva. Ma nulla di grave

Dice il saggio: “Sorrido se pensate che l’apporto positivo del nuovo allenatore sia la stessa cifra caratteristica del vecchio”. Ma il saggio, volente o nolente, non fa altro che lanciare una provocazione ai suoi discepoli. Perché la Juve di Thiago Motta, è vero, nei pochi gol subiti (0 in campionato) e nella momentanea mancanza di pericolosità in fase offensiva (penultima in Serie A per xG, 4.23) non può evitare i parallelismi con la Juve di Allegri.

Estirpare un sistema di gioco e sostituirlo con idee moderne che devono permeare il pensiero di squadra e le azioni dei singoli (molti dei quali provenienti da realtà ben diverse) – è quasi assurdo sottolinearlo – richiede tempo. E poter contare, ora, su una fase difensiva così solida (appena 7 tiri in porta concessi) e tutt’altro che posizionale (non c’è attesa ma grande cura preventiva e riaggressione nelle transizioni negative) è un bel vantaggio.

I dati suggeriscono dove la Juve può e deve migliorare: quart’ultima per tocchi in area avversaria (79) e per % di tiri da fuori sul totale (ma, nelle ultime 3 stagioni, nessuno ha più gol di Vlahović e Koopmeiners dopo i 16 metri: 7). Motta deve “solo” capire come valorizzare il proprio patrimonio offensivo: magari offrendo un ruolo più centrale (in termini spaziali) a Yıldız, o chiedendo meno lavoro d’impostazione a Vlahović, meglio da puro finalizzatore.

Anche perché non si tratta proprio di un problema di finalizzazione (nelle prime due giornate, 6 gol con 2.43xG); semmai di creazione dei presupposti al tiro. E, magari, manca ancora quell’individualità capace di… spezzare gli equilibri. Ma, di nuovo, è tutto perfettamente normale. Anzi. La capacità di aggiramento del pressing, gli interscambi posizionali, il palleggio (di qualità) insistito dal basso: è tutto già a buon punto. Le occasioni, presto, arriveranno.

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