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Cadetti difettosi: sei esterni che alla Dea non hanno lasciato traccia

Da quando Gasperini siede sulla panchina dell’Atalanta, ventidue calciatori sono stati impiegati nel ruolo di quinti di centrocampo. Con alterne fortune.

Dal giugno del 2016, i giardinieri del Centro Sportivo ‘Bortolotti’ di Zingonia e quelli dello Stadio Atleti Azzurri d’Italia riscontrano lo stesso problema. Lungo le fasce, il manto erboso cresce a fatica, come intimorito. È stufo, forse, di essere calpestato avanti e indietro, avanti e indietro, per ore e ore di allenamenti, riscaldamenti, amichevoli e gare ufficiali. Ma non sa che, fino a quando Giampiero Gasperini resterà alla guida dell’Atalanta, il diktat sarà lo stesso: arare le corsie esterne. Avanti e indietro, avanti e indietro.

E i soldatini dell’esercito neroazzurro obbediscono, non hanno il minimo rispetto per quei ciuffi d’erba che hanno avuto la sfortuna di nascere un po’ troppo lateralmente. Macinano chilometri per proiettarsi in zona offensiva ed essere subito pronti a presidiare l’avanzata nemica. Nell’immaginario comune, due sono gli eroi archetipici che meglio hanno interpretato il ruolo per continuità ed efficacia, uno per fascia: Robin Gosens e Hans Hateboer. La macchina tedesca oggi in forza all’Inter ha realizzato 25 gol e 16 assist in 121 presenze in Serie A – numeri impressionanti che solo sotto la direzione del Gasp si è potuto registrare. La controparte destra ha numeri più modesti: 8 gol e 14 assist in 166 apparizioni. Ma è ancora lì, a tormentare la stessa corsia dopo 6 lunghi anni.

La Dea è una delle squadra di serie A che meno utilizza la zona centrale del campo nel proprio gioco d’attacco e lo sbocco naturale delle azioni atalantine è il traversone verso l’area. Ma anche se lo svolgimento non termina con il cross, l’invasione dei territori nemici cerca di avvenire in primis per via laterale. A volte, però, lungo le fila dei bergamaschi vengono reclutati cadetti difettosi, ribelli, dal pollice verde. O, semplicemente, sprovvisti di tenuta fisica e abnegazione necessarie a scalare le gerarchie gasperiniane.

Raoul Bellanova

Nel gennaio del 2020, un giovane terzino di Parabiago cresciuto nel settore giovanile del Milan si ritrova a far parte della milizia bergamasca. È smarrito, insicuro. Viene da un’esperienza tragica al Bordeaux: il suo esordio da titolare nella prima giornata di Ligue 1 convince talmente poco da coincidere con la sua ultima apparizione in Francia. Raoul prova a mettersi in mostra e ottenere una chance di riscatto, ma Gasperini lo tiene nascosto nelle retrovie – davanti a lui ci sono esterni già perfettamente rodati. Lo manda in campo una volta sola in sei mesi, quando non può sfigurare: sul 6 a 1 contro il Brescia, una torrida sera di luglio. Il novellino ha ancora tanto da imparare.

Lennart Czyborra

Insieme a Bellanova, un’altra recluta seguirà un destino simile, se non identico. Le differenze sostanziali sono tre: la fascia, quella sinistra; la nazionalità, tedesca; le aspettative, decisamente più alte. Gasperini ci crede, il presidente Percassi lo acquista nel mercato invernale per 4 milioni e mezzo dall’Heracles Almelo, squadra di Eredivisie (la stessa, guarda caso, da cui è arrivato Gosens). Ma il finale non cambia: una sola presenza, contro il Brescia, una torrida sera di luglio. Entrano insieme, lui e Bellanova, e insieme se ne andranno a fine stagione. Al Genoa, club da cui gli influssi gasperiniani sono stati ormai eradicati, Lennart troverà miglior fortuna.

Johan Mojica

La stagione 2020/2021 si apre con una novità: anche i macchinari tedeschi s’inceppano. Robin Gosens ha bisogno di un ricambio, qualcuno che possa combattere al posto suo mentre lubrifica gli ingranaggi. Il Gasp individua un profilo atipico, ben rodato sul territorio spagnolo: il fantasioso esterno mancino del Girona Johan Mojica. Le difficoltà, però, vengono presto a galla. L’irruenza del colombiano poco si sposa con la disciplina tattica richiesta al Gewiss Stadium. “Ritengo solamente che mi serviva maggiore spazio”, dirà sei mesi più tardi, dopo la risoluzione di un prestito durato meno del dovuto. “Ho contato 13 presenze, ma avrei gradito farne di più. L’Atalanta è ben disegnata, non le servono grossi cambiamenti. Ho sempre giocato con continuità e per questo ho preferito cambiare aria”. Tornerà in Spagna, senza aver lasciato tracce significative.

Guilherme Arana

Prima di Mojica, un altro sudamericano dalla Liga aveva tentato la fortuna sulle fasce atalantine. Arana, brasiliano classe 1997, sembrava una giovane promessa. In un anno e mezzo col Siviglia non aveva affatto sfigurato: 25 presenze e 2 gol. Ma il vero esame per un aspirante pendolino si svolge a Bergamo e, sfortunatamente per molti, segue un pattern spietato: o subito dentro o subito fuori. 4 brevi apparizioni, nessun gol, nessun assist, prestito rescisso a gennaio. Oggi, Guilherme ha trovato la sua dimensione in patria, all’Atlético Mineiro. Scorrazza liberamente sulla sinistra, e non gli passa nemmeno per la mente di comportarsi da bravo soldato.

Fabio Depaoli (e Cristiano Piccini)

Il record negativo di durata se lo aggiudica un italiano. Ma, a sua discolpa, l’inizio non era dei più promettenti. Depaoli sbarca a Bergamo il 2 ottobre 2020 in prestito con diritto di riscatto dalla Sampdoria; il giorno stesso, l’Eco di Bergamo lo presenta così: Sulla destra con Gasp dovrà «imparare» ad attaccare (e a segnare: 0 gol in carriera). Spoiler: non ce la farà – il suo primo gol ufficiale risale al 13 febbraio 2022 con la maglia del Verona. Ma, dicevamo, l’inizio non era dei più promettenti: arrivato all’ultimo momento, serviva un po’ come tappabuchi per rimediare grossomodo alle noie fisiche di Cristiano Piccini, esterno destro fiorentino preso in prestito dal Valencia. Le attenzioni erano tutte su quest’ultimo (il suo contratto spagnolo prevedeva una clausola di 80 milioni). Complice la sfortuna, comparirà soltanto per 63 minuti in uno sciapo 0 a 0 in casa dello Spezia. Nel giro di tre giorni, il prestito di entrambi verrà risolto in anticipo.

Ali Adnan

L’ultima grande delusione sulle fasce della Dea è un nome che a Udine, invece, ricordano con grande piacere. Ali Adnan, tornante sinistro iracheno dalla tecnica pregiata, sembrava il profilo perfetto per il 3-4-2-1 atalantino. Eppure, ancora una volta, Gasperini non ha trovato in lui quel che cercava con tanto scrupolo. E glielo ha fatto capire: appena 3 presenze in Serie A e rottura immediata del rapporto con l’allenatore per avere anticipato la partenza verso gli Emirati Arabi Uniti in occasione della Coppa d’Asia. Un’esperienza segnante, l’origine di una catastrofe culminata con l’allontanamento dalla nazionale. È passato dai canadesi del Vancouver Whitecaps ai danesi del Vejle. Oggi si trova a Kazan’, nella repubblica russa del Tatarstan. Fredda, sì, ma non quanto Bergamo per un esterno poco disciplinato.

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