Vecchio Sarrismo e Nuovo Gasperinismo
Una Lazio senza Immobile ha vinto e convinto contro un’Atalanta manifesto di pragmatismo, riscoprendo i principi cardine del Sarrismo.
Nella convincente vittoria dei Biancocelesti al Gewiss Stadium si sono affrontati due tecnici molto diversi, a partire dal percorso professionale fino ai principi di gioco. Entrambi a volte definiti dogmatici, in questa prima parte della stagione hanno dimostrato un’evoluzione considerevole, quasi sorprendente, adattando le proprie idee alle caratteristiche della rosa.
La Lazio
I Biancocelesti arrivavano alla partita da dominatori assoluti dell’overperformance offensiva e difensiva, registrando un delta di 5.29 e 7.53, rispettivamente. Se il differenziale nei gol attesi è in continuum con la stagione passata – chiusa con un pazzesco 17.71 – quello che sorprende sono le prestazioni difensive, vero limite della passata stagione. Romagnoli, ed ora Casale, si sono rivelati interpreti perfetti della rigida difesa di reparto Sarriana, così come Provedel, dopo aver raggiunto un po’ a sorpresa la titolarità, ha dimostrato di meritare ampiamente la piazza, sia tra i pali che nei compiti d’impostazione. In fase offensiva, con un Immobile stranamente solo in linea con i gol attesi, ci hanno pensato Luis Alberto, Zaccagni e Milinkovic-Savic a mantenere alte le percentuali di realizzazione. Al Gewiss, Sarri ha dovuto fare i conti con l’assenza di Immobile, sostituito da Felipe Anderson che, con un’interpretazione diversa del ruolo, ha contribuito – non paradossalmente – a rivedere sprazzi del gioco che ha consacrato il tecnico toscano nella sua esperienza napoletana.
L’Atalanta
I Nerazzurri arrivavano alla partita nella veste pragmatica costruita su misura da Gasperini, da secondi in classifica, con un numero di reti in linea con la produzione offensiva e un’ottima performance in fase difensiva (4.08). Una veste nuova, adatta alle caratteristiche atletiche ed iper-verticali della nuova rosa. Un sistema che ha abbandonato quasi del tutto i principi di gioco che hanno consacrato la compagine bergamasca in Europa, fatta di pressing corale ed individuale, marcature aggressive sui riferimenti, rotazioni e dominio del possesso. La nuova Atalanta non ha grandi proprietà tecniche in palleggio, soprattutto nel reparto arretrato, nè trequartisti particolarmente fantasiosi, ma dispone di difensori solidi (Demiral e Okoli), grandi velocisti (Muriel, Lookman e Soppy) e un passatore di primo livello come Koopmeiners. Il cambio di approccio e il passaggio ad una difesa posizionale solida, con scarso pressing e possesso e transizioni verticali esasperate rappresentava una quasi fisiologica conseguenza.
La partita
Nei 90′ del Gewiss Stadium abbiamo dunque assistito alla vecchia versione di Sarri, di stampo quasi nostalgicamente napoletano, contro la nuova veste del Gasp, pragmatica e cinica. In fase di primo possesso, i difensori della Lazio hanno goduto di libertà contro lo scarso pressing atalantino operato in maniera individuale da Muriel, Lookman e Pasalic, facilmente aggirabile con l’abbassamento di uno dei due terzini, con Cataldi libero di rimanere oltre la prima linea avversaria. In mediana, i tre centrocampisti della Lazio sono sempre stati molto abili e precisi nel giocare di prima, anche a muro, per mandare fuori tempo l’aggressione di De Roon e soci. In queste fasi di gioco si sono rivisti nitidamente alcuni principi cardine di Sarri: triangolazioni, ricerca dello scambio breve coprendo gli spazi con rapidità, senza particolari rotazioni fantasiose, ma mantenendo almeno in mediana le zone di competenza, con Milinkovic-Savic più in aiuto di Cataldi e Vecino ad attaccare lo spazio lasciato libero da Felipe Adnerson. Rotazioni che si sono (ri)viste soprattutto nel terzetto d’attacco, favorite, come detto, dalla presenza di Felipe da falso nove, da uno Zaccagni sempre più decisivo e un Pedro tecnicamente superiore. Rotazioni, tagli, precisione negli scambi corti che hanno mandato in difficoltà la fase difensiva atalantina che probabilmente deve ancora metabolizzare ed affinare i nuovi principi, con delle difficoltà evidenti, in alcune situazioni, nel ricoprire le posizioni corrette in campo senza l’aiuto del riferimento.
Un’Atalanta particolarmente imprecisa e svagata anche tecnicamente sia nelle uscite laterali ma soprattutto nelle corsie interne, con un Koopmeiners che non è mai riuscito a innescare la velocità dei propri avanti, nelle poche occasioni di recupero palla. Lo 0-2 di domenica sera consegna una Lazio sempre più consapevole e con fiducia nei propri mezzi, giocatori sempre più centrali ed alcuni ritrovati in un contesto più adeguato, capace di imporsi contro un avversario ostico e chiuso come i bergamaschi e di saper proporre soluzioni diverse ed efficaci anche quando manca il riferimento principale del proprio undici. Dall’altra parte un’Atalanta che subisce una battuta d’arresto forse fisiologica nel percorso di maturazione e costruzione di un sistema opposto al conosciuto, in attesa della miglior condizione di un altro giocatore dalle caratteristiche fisiche esuberanti come Zapata. Un cambiamento radicale richiesto da Gasperini in linea, come detto, con le caratteristiche della propria rosa nei vari reparti, ma che potrebbe anche essere una dimostrazione di preparazione calcistica a tutto tondo da parte del tecnico italiano che più ha influenzato il nostro movimento negli ultimi anni.
“L’utopia è qualcosa di irraggiungibile, lo scudetto è più raggiungibile dell’utopia.”
Maurizio Sarri